A Roma abbiamo un detto: “e ‘ndo vai? Pe’ i tetti?”. “Dove vai? Per tetti?”. Si dice quando si vuole sottolineare una situazione dalla quale non si può scappare, di fronte alla quale ogni tentativo di elusione rischia di risultare goffo, ai limiti della comicità. Come goffo ai limiti della comicità è chi si riduce a saltare da tetto in tetto per sfuggire ai suoi inseguitori.
Quando leggo i discorsi di tante compagne e compagni sulle reti sociali, mi viene in mente proprio questo modo di dire, questa domanda in romanesco. Una domanda per loro. Per chi oggi sostiene che la sola arma per combattere la pandemia sia la limitazione delle libertà personali. Per chi arriva primo fra chi chiede lockdown e restrizioni, ma dimentica di reclamare il miglioramento del sistema sanitario. Per chi chiede a gran voce che si chiudano le imprese “non essenziali”* per proteggere i lavoratori dal contagio, ma sono anni che combatte una strana lotta contro gli ammortizzatori sociali. Perché sono “assistenzialismo”, mentre la redistribuzione della ricchezza deve avvenire esclusivamente attraverso il salario. Per qualche ragione. Quelli che si spingono ad affermare, senza scomodarsi a produrre prova alcuna, che “tanto il sistema sanitario non può essere migliorato più di così” e che la soluzione unica è vietare, vietare e ancora vietare. Avete capito di chi parlo.
A Roma abbiamo un detto, e quel detto se lo devono ricordare. Perché fino a ieri erano i primi a riempirsi la bocca di antiautoritarismo. Parlavano di lotta contro gli abusi della polizia, solidarizzavano con le vittime della repressione in tutto il mondo. Arrivavano a dire che il potere capitalista risponde ai problemi sociali inviando polizia, ma quando la crisi è arrivata, sono stati gli stessi a replicare quello schema. Il detto se lo devono ricordare perché, in tutta sincerità, questi finita la panemia dove credono di andare? Pe’ i tetti, per l’appunto. Perché non gli rimarrà altra opzione.
Perché se credono di farsi oggi paladini della repressione e pompieri delle proteste sociali, per poi tornare fra le file di chi prova a resistere a pandemia finita, potrebbero esserci delle gran brutte notizie per loro.
Oggi resistiamo. Come ieri, come domani, come sempre. Oggi resistiamo mantenendo noi e i nostri cari al sicuro dal contagio e denunciando le inadempienze e le bugie di chi ci governa. Domani proveremo a ricostruire, ci guarderemo in faccia e sapremo su chi contare.
Ci sarà da divertirsi.
* Che poi chi cazzo lo decide cosa sia essenziale, lo sanno solo loro.